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Venerabile Anita Cantieri del Terz’Ordine secolare

Anita Cantieri Vergine del Terz’Ordine secolare della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (1910-1942)

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Venerabile Anita Cantieri del Terz’Ordine secolare: TeamMember

La serva di Dio Anita Cantieri nacque in un sobborgo, cosiddetto Arancio, vicino a Lucca, il 30 marzo del 1910; era la penultima di 12 figli dei coniugi Davino Cantieri e Annunziata Fanucchi, contadini poveri e onesti, molto benvoluti da tutti e molti religiosi. Fu battezzata il 3 aprile successivo e le fu dato il nome di Anita. Il padre era emigrato in Argentina per lavoro e morì a 72 anni; alla famiglia provvidero in particolare le figlie Irma e Rita, che proprio nella loro casa impiantarono un laboratorio di maglieria, invitando a lavorare con loro alcune brave giovani per poter anche far fronte alle numerevoli spese della lunga malattia della sorella Anita. La madre era anch’essa deceduta nel 1956: dei suoi 12 figli, quattro erano femmine e otto maschi, tre dei quali però morirono prima della nascita di Anita. Ella da piccola fu affidata ad una conoscente, ove rimase circa fino ai sette anni; frequentò diligentemente la scuola elementare; fece a cinque anni la sua Prima Comunione e pochi mesi dopo ricevette la Cresima. Era una bambina normale di temperamento obbediente, docile anche se vivace e allegra e capace di qualche capriccio; si capiva già che era molto portata alle cose di Dio. Dopo aver frequentato per poco tempo un Istituto Tecnico, verso i 12 anni, venne iscritta a Lucca in una scuola tenuta dalle Suore Dorotee, ove imparò pittura, musica, ricamo, prendendo anche lezioni di francese, latino, matematica e pianoforte. E’ in questo periodo che in lei si verificò la “grazia della conversione”: essendosi rotti i freni della sua bicicletta, mentre era in giro per propagandare le Missioni, corse serio pericolo di vita e promise a Gesù che, se si fosse salvata, si sarebbe consacrata a Lui. Dalla frequenza dell’Istituto di S. Dorotea, trasse profitto sia spirituale che intellettuale: le Suore e le compagne vedevano in lei una figura di ragazzina intelligente, caritatevole, tutta aperta alla vita interiore, modello di docilità, di diligenza, di obbedienza, di purezza di vita. Ma del suo cambiamento interiore se ne accorsero per primi i familiari: gli stessi fratelli attestano che, da quando decise di donarsi al Signore, bastava la sua presenza o una sua parola, per frenare tante volte litigi che nascevano tra di loro e che ella sapeva, col suo agire mite e paziente, con le sue parole suadenti, fare subito cessare. Anche nel vestire era di grande semplicità e sobrietà, non si dava mai a divertimenti frivoli: si dedicava molto alle missioni, visitando con assiduità le parrocchie della diocesi: aveva grande amore per i poveri ai quali si donava con particolari attenzioni. All’età di 14 anni manifestò il proposito di farsi suora: inizialmente dovette però affrontare, se non l’aperta opposizione dei genitori, una certa resistenza, dettata soprattutto da motivi di prudenza, che una decisione del genere le comportava, anche per l’età assai giovane. Sembrava agli inizi che volesse farsi Dorotea. Ma la Superiora delle Dorotee, forse male interpretando il comportamento di Anita, troppo legata ad una Suora, negò di accettarla. Non si sa se sia stato proprio questo il vero motivo o se sia stata Anita stessa che, non vedendo in buona luce la Maestra delle novizie, abbia pensato di cambiare parere: la questione era un po’ intricata, per cui Anita, consigliata anche da Mons. Angelo Pasquinelli, direttore spirituale del Seminario, che ebbe un ruolo fondamentale nell’indirizzo della sua vocazione e di tutta la sua vita interiore, decise in altro modo. Questo Monsignore era anche Canonico della Chiesa Metropolitana e Vicario generale delle Monache. Per suo tramite il 1 luglio 1935 Anita fu accolta nel Terz’Ordine secolare della Vergine del Carmelo, prendendo il nome di Teresa di Gesù Bambino di cui era grande ammiratrice e approfondendo le opere di S. Teresa e di S. Giovanni della Croce. In seguito a difficoltà sopravenute e seguendo il suggerimento di Mons. Pasquinelli, Anita chiese il permesso di essere ammessa fra le Terziarie Carmelitane di Firenze, aspirando ad una forma di vita “più contemplativa”. Nel frattempo la sua vita aveva continuato a scorrere tranquilla, fra impegni scolastici, incombenze domestiche, iniziative a favore delle Missioni ecc., sempre in profondo contatto con il Signore. Compiuti i 20 anni di età, entrò accompagnata dai genitori nel Convento del “Corpus Domini” a Firenze, che, oltre ad essere casa di Probandato per le aspiranti dell’Istituto, si curava anche dell’educazione delle ragazze della zona. La Maestra delle Probande, Suor Grazia di Gesù, la giudicò subito un ottimo elemento, perché riscontrava in lei una profonda vita interiore; la vedeva dotata di bellissime qualità morali ed intellettuali, condiscendente e piacevole con le compagne, obbediente e amante del nascondimento, docile e molto equilibrata. Anche una sua amica di Probandato afferma che “era di una esemplarità eccezionale nella pietà e nell’esercizio delle virtù. Il suo rapporto con i Superiori era unicamente fondato sullo spirito di fede: era umile, docile, sottomessa”. Purtroppo però, pochi mesi dopo le cose cambiarono: ella si ammalò di una malattia psicosomatica che cambiò ad un tratto il suo modo di agire e di operare. Non si capì però bene la causa di tutto questo: la Maestra trovò in lei qualcosa di anormale e informò di tutto la Madre Generale. (Chiamarono la sua malattia “orticaria” per un forte arrossamento al viso; altre persone parlarono anche di disturbi imprecisati e di vaneggiamento). Circa invece questa sua malattia è assai probabile, dicono, che ella ebbe un forte attacco febbrile, con conseguente stato di delirio, che la portò a manifestazioni di affetto: cose che possono capitare dopo momenti di smarrimento, dovuto alla precarietà della condizione fisica. Comunque le suore avvisarono a casa la madre di venirla a riprendere, consigliandole di cambiare aria; ella, pur piangendo e soffrendo tanto, si sottomise. Ma, a casa, la malattia peggiorò: si ammalò di tubercolosi polmonare ed intestinale. Anita visse tutto questo in modo edificante, con serenità e fortezza d’animo, desiderando rimettersi in salute per tornare in convento. Quando il responso dei medici le tolse ogni speranza, ne provò un grandissimo dolore. Si formò allora tutto un programma con un orario che corrispose un po’ a quello religioso. Puntualizzò l’orario della Messa, della recita delle Ore, del Breviario, della Via Crucis, del Rosario e della meditazione. Nel 1934 scrisse tra l’altro: “… Devo ricordarmi spesso di Gesù, essere in famiglia apportatrice di pace e di dolcezza, curarmi la salute con tutta puntualità … Ogni sera dovrò fare l’esame di coscienza, guardando come sono stata alla presenza di Dio …”. Il 1 luglio 1935 Anita fu accolta ancora nel Terz’Ordine secolare della Vergine del Carmelo, tramite Mons. Pasquinelli. Prese alla Vestizione il nome di Teresa di Gesù Bambino, “… perché - ella dice - mi serva di modello il suo abbandono e la sua confidenza in Dio, al quale tendo con tutte le mie forze e poiché mi sia protettrice in questa nuova vita carmelitana, che per essere tale in senso assoluto, non mancherà veramente di nulla, né di clausura, né di cella, né di mortificazioni”. Alcune settimane dopo affrontò un penoso viaggio per recarsi a Lourdes, malgrado la sua salute così precaria. Passando però per il Cottolengo a Torino, non volle più chiedere la guarigione per lei, ma quella per altri infelici; per sé la forza di accettare le sue sofferenze in riparazione dei peccati. Nell’ultimo periodo della sua vita, nonostante il peggioramento delle condizioni fisiche, si fece promotrice e animatrice di molte iniziative parrocchiali: la sua camera, ove era costretta per malattia, divenne sede costante di incontri e riunioni, cui si aggiunsero altre visite di persone che avevano bisogno di conforto spirituale. Nel 1937 entrò a far parte dell’Azione Cattolica e divenne l’anima del movimento; da lei partivano, nonostante dovesse stare a letto, tutte le iniziative: esercizi spirituali, adunanze, settimane per le giovani ecc. Stava poi in stretto rapporto con il Centro Diocesano e le sue dirigenti, che si trovavano spesso al suo capezzale per avere consigli e direttive. Per tutto questo ella offriva sempre tutte le sue sofferenze e la sua preghiera. Si occupava anche delle vocazioni ecclesiastiche e con tanto ardore si dedicava (per quanto poteva) alla cura delle Missioni. Aveva una straordinaria fortezza e serenità nel sopportare i suoi terribili dolori, che erano veramente forti. Nel 1938 ebbe una grave crisi di cuore che fece pensare alla fine e nel 1941 un ascesso che esigette un intervento chirurgico. Oltre alle sofferenze fisiche si aggiunsero quelle morali, per l’acuirsi di contrasti tra la sua parrocchia dell’Arancio e il Monastero delle religiose Passioniste. Fu ingiustamente accusata; la condannavano perché la Superiora delle Passioniste diceva che sarebbe dovuta intervenire a loro favore. Ci furono per tutto questo varie questioni e spiacevoli intese, per cui dovette non poco soffrire. Alla sua tubercolosi generalizzata si aggiunsero complicazioni peritonitiche e un tumore addominale; malgrado i dolori lancinanti non rinunciò fino alla fine ad incontri e riunioni con amiche e compagne: diminuirono solo le lettere perché le forze ormai l’abbandonavano. Pare che abbia avuto anche doni soprannaturali; morì di una morte veramente santa, il 24 agosto 1942. I funerali avvennero con grandissimo concorso di popolo: tutti dicevano “E’ una Santa!”, anche dopo la sua morte ci fu una processione continua di gente che voleva visitare la sua cameretta. Furono molte le persone che testimoniarono ai Processi la sua grande virtù, in varie occasioni della sua vita. Si attende che Anita, per la quale molti hanno attestato a favore in una vita già analizzata dalla Chiesa e la cui fama di santità è cresciuta col tempo, trovi un giorno la grazia di poter essere annoverata tra i santi del Carmelo.

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