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Beato Padre Alfonso Maria dello Spirito Santo

Padre Alfonso Maria dello Spirito Santo (Mazurek) O.C.D.

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Beato Padre Alfonso Maria dello Spirito Santo: TeamMember

Tra i martiri carmelitani di questo secolo XX, eccelle la figura del polacco Padre Alfonso Maria, che il 28 agosto 1944 venne dolorosamente trucidato a Nawojowa Gora dai nazisti. Accrebbe il numero di coloro che sigillarono con l’offerta della vita il cammino della loro fede e diedero testimonianza viva di santità. Si chiamava Giuseppe Mazurek. Egli era nato il 1 marzo 1891 a Baranówka, in Polonia, nella diocesi di Lublino, in una famiglia di contadini, di tradizione cristiana. Forse anche per l’influenza di uno zio carmelitano, entrò nel 1903 nel Collegio dei Carmelitano Scalzi a Wadowice, ove ebbe la fortuna di conoscere anche S. Raffaele Kalinowski. Fin da giovane amò darsi allo studio del pianoforte e dell’organo, che coltivò poi per tutta la vita. A 17 anni vestì a Czerna l’abito carmelitano, ricevendo appunto il nome di fra Alfonso Maria e quattro anni dopo fece la sua professione solenne. Iniziò i suoi studi filosofici prima a Wadowice e poi quelli teologici nel collegio di Cracovia. Quando però questa città fu minacciata dall’esercito russo e l’esercitò austriaco occupò gran parte del convento, fu costretto insieme ai suoi fratelli ad abbandonare questa città e a ritornare a Wadowice. Aveva però, nel frattempo, ricevuto gli ordini minori e il suddiaconato. Non trovandosi al sicuro neppure in questa città, dovette portarsi a terminare i suoi studi teologici, prima a Linz e poi a Vienna. Qui ricevete il 16 luglio 1916 l’Ordinazione Sacerdotale, proprio nel Duomo di S. Stefano. Celebrò nella sua parrocchia natale la sua prima Messa: ritornò poi a Vienna, per terminare gli studi teologici. L’anno seguente il Padre Provinciale lo trasferì a Cracovia come lettore e maestro degli studenti; nel 1920 fu nominato prefetto ed insegnante nel Seminario Minore di Wadowice. Aveva tutte le doti per essere un educatore della gioventù: egli stesso scrisse, a questo proposito, un articolo nel quale parla dei requisiti che sono necessari per riconoscere i primi segni di vocazione nei giovani da educare. Amava molto i giovani ed era da loro riamato: si manteneva sempre a loro disposizione. Era stimato ed apprezzato dai maestri e anche dagli alunni, benché fosse esigente. Cercava di dare ai suoi giovani un’educazione umana, intellettuale e veramente religiosa. Con tutto questo però non rimaneva estraneo alla sua vita di convento. Fu eletto in questi anni anche definitore provinciale e negli anni 1925-26 partecipò ai Capitoli Generali a Roma. Apprezzava moltissimo il dono della vita religiosa. Già nel 1912 aveva annotato nei suoi quaderni, durante le giornate di ritiro, questa frase: “Ogni giorno, prima dell’esame di coscienza, ringraziare Dio per la grazia della vocazione, come pure rinnovare la mia professione al mattino e alla sera, prostrato per terra”. In un altro tratto dice espressamente che vuole “gioire di essere deriso, dimenticato, disprezzato, ignorato … perché - dice - questi sono i segni sicuri dell’amore di Dio per me”. Gesù Cristo fu sempre il punto di riferimento della sua vita, il suo ideale di obbedienza e di povertà. Guardando ancora fra le sue note spirituali, si trovano dei pensieri molto belli, alti e significativi. Eccone alcuni: “Vuoi essere santo? Santifica ogni minuto”. “Tutta la nostra fedeltà e perfezione consiste nel conformarci alla volontà di Dio, che è l’unica e suprema norma di perfezione e di santità…”. “Niente dovrebbe turbare la pace e la tranquillità del cuore, perché questo cuore dovrebbe attaccarsi solo a Dio e non alle sue consolazioni, alle sue grazie o ai suoi doni”. “Mi sforzerò, con l’aiuto della grazia di Dio, di imitare sempre e in tutto l’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo in quanto sacerdote e ‘alter Christus’, e progredirò nella perfezione solo nella misura in cui mi conformerò a Cristo, assicurandomi la salvezza e la fruttuosità del mio lavoro a favore degli altri”. “Essere benevolo, cortese, paziente per tutti; pronto ad aiutarli nelle necessità”. “Mettere più diligenza nelle pratiche spirituali, soprattutto nella ‘lectio divina’: ‘Poiché se vivrete secondo la carne, morirete; se invece, con l’aiuto dello Spirito Santo, farete morire le opere del corpo, vivrete’”. Era animato sempre da una profonda fede, che esprimeva nel compiere bene i suoi doveri religiosi e sacerdotali. Amava l’orazione contemplativa, l’adorazione davanti a Gesù nel Tabernacolo; celebrava la Messa con una devozione che faceva capire la sua dignità e grandezza incomparabili; gli piaceva la bellezza e la cura del culto divino. Sapeva curare il servizio pastorale della Chiesa e del convento, servendo così di modello allo stesso canto popolare. Aveva coscienza di un legame particolare con la Madre di Dio, la Regina del Carmelo. Dirà: “In tutti i travagli, preoccupazioni, difficoltà e tentazioni, mi rifugerò nella migliore e più amata Madre mia Maria, alla quale mi dono con tutte le mie preoccupazioni…” ed ancora: “Nelle afflizioni, nelle tribolazioni, nelle angustie e nelle tentazioni, sempre mi rifugerò vicino all’amatissima Madre mia Maria. Ad Ella offro me stesso e tutte le mie cose”. Maria gli fu veramente guida e modello nella sua vita. Scrisse, a questo riguardo, un piccolo libro intitolato: “Regina del Carmelo - Gli insegnamenti per il Terz’Ordine Carmelitano”. In esso presenta la storia del culto mariano, la devozione allo Scapolare e alla sua pratica. Libretto certo senza grandi pretese, scritto con parole semplici, adatte per il popolo. Presenta la Vergine Maria come modello di vita cristiana e come collaboratrice di Gesù nell’opera di salvezza. Riesce a sottolineare bene anche il valore della vita cristiana nel mondo: tutti, pur esercitando compiti diversi, sono chiamati a servire e ad amare Dio nel prossimo. Nel 1930 fu eletto Priore del convento di Czerna, carica che mantenne fino alla morte. Si diede da fare, senza alcuna riserva, per il bene della sua comunità, alla quale per diversi anni dedicò tutte le sue forze fisiche e spirituali. Si rivelò anche ottimo organizzatore. Benché fosse amante della tradizione, non aveva paura di introdurre i più moderni mezzi della tecnica. Approfittando dell’acqua di un piccolo fiume che scorreva vicino al monastero, costruì una piccola centrale elettrica, in grado di fornire acqua e corrente al suo convento. Si adoperò anche per costruire dei terrazzi con orto, sulla collina adiacente al monastero. Ma prima di tutto fu vero padre spirituale per i suoi confratelli. Curava anche il servizio pastorale della Chiesa e del convento, servendo così da modello allo stesso canto popolare. Faceva conferenze mensili ai membri della fraternità dello Scapolare e ritiri alle Congregazioni religiose e al Terz’Ordine carmelitano, del quale era visitatore provinciale. Fu anche confessore delle Carmelitane Scalze di Cracovia. Tutti quelli che lo conobbero diedero unanime testimonianza che egli era un religioso veramente esemplare, sotto tutti i punti di vista. La fedeltà e la fiducia furono i veri fondamenti della sua vita spirituale, che cercò con zelo e amore di inculcare nell’animo dei suoi confratelli. Durante la seconda guerra mondiale, Czerna apparteneva al Governatorato Generale, a quella parte della Polonia governata dal plenipotenziario di Hitler residente a Cracovia. Nonostante tutte le difficoltà che tutto questo poteva produrre, Padre Alfonso non rinunciava certo al suo normale andamento di impegni. Le condizioni materiali tuttavia del suo convento erano molto difficili. Il territorio cadde a poco a poco sotto la forzata gestione germanica. Avvenne così che nell’aprile 1944 una gran parte del suo convento fu occupata dai bambini di un asilo di Czerna, sequestrato dai tedeschi per scopi militari. Nell’autunno, sempre del 1944, i tedeschi cominciarono a scavare trincee, costringendo la gente del posto a collaborare negli scavi. C’erano intanto degli scontri tra i partigiani polacchi, russi e i militari tedeschi. Nell’agosto morì un novizio carmelitano, ucciso dai tedeschi, mentre insieme ad altri novizi tornava da un villaggio vicino, dove lavorava coi confratelli alla mietitura del grano. Ma ecco, secondo un testimone, quello che avvenne a mezzogiorno del 28 agosto, vigilia della memoria liturgica di S. Giovanni Battista, verso il quale Padre Alfonso aveva una particolare devozione. “Una squadra d’assalto tedesca occupò il convento; chiesero di Padre Alfonso, il Priore, e, da quel momento lo tennero sotto sorveglianza. Gli dettero il permesso di finire di mangiare e Padre Alfonso poté pregare un po’ davanti all’altare della Madonna del Carmine. Uscimmo dal convento sotto scorta, percorrendo il viale di S. Giuseppe e passando vicino alla Cappella di S. Giovanni Battista. Arrivati sulla strada, proseguimmo con altre persone verso Krzeszowice. Dopo un tratto di strada i tedeschi che ci precedevano in macchina, dissero a Padre Alfonso di salire sulla loro macchina. Il Padre rispose tranquillamente che si trovava bene con i suoi frati e che preferiva rimanere con loro. I tedeschi gli ordinarono di salire in macchina. Noi quindi, senza il Padre, proseguimmo su di un trattore verso Rudawa. Lungo la strada ci imbattemmo in un carro, sul quale scorgemmo disteso un religioso, ricoperto col mantello carmelitano. In fretta Padre Valeriano riuscì a scendere, a raggiungere il carro e a sollevare il mantello. Una dolorosa scena apparve ai suoi occhi: Padre Alfonso, il Priore del nostro convento, era lì agonizzante, orribilmente massacrato. Padre Valeriano riuscì anche a dare l’assoluzione al Padre moribondo. Venne a sapere dal conducente del carro, che aveva ricevuto l’ordine di portare il morente al cimitero di Rudawa…”. Si seppe infatti che, dopo essere stato torturato e maltrattato, la sua auto era deviata per una stradina secondaria, in fondo ad un altro paese. L’automobile si arrestò presso un prato. Il Padre fu obbligato a scendere e a camminare. Due soldati si fermarono dietro a lui e, gridando, lo chiamarono. Egli si voltò e i soldati gli spararono. Il Padre cadde a terra: i militari vedendolo ancora vivo, gli riempirono la bocca di terra… Questo omicidio non avvenne per motivi politici. Padre Alfonso non era impegnato in azioni politiche e non ne era accusato. Morì perché era un sacerdote conosciuto nei dintorni per la sua fedeltà alla legge di Dio. Il funerale si svolse il giorno seguente, a tarda sera, nel cimitero dei religiosi a Czerna. Il 2 settembre 1945, nel luogo della sua morte, fu benedetto un monumento con la seguente scritta: “Hai vinto con la vittoria di Dio…”. Il Preposito Generale dell’Ordine, Padre Camillo Maccise, nella bella “Lettera circolare” scritta in occasione della sua beatificazione, e intitolata “Fedeltà e martirio”, presenta in modo davvero magistrale le linee fondamentali della spiritualità di questo nuovo beato del Carmelo. Lo definisce “un servitore buono e fedele”. Egli dice, tra l’altro: “Il martirio non è frutto del proprio sforzo o ricompensa dei propri meriti, è piuttosto un dono gratuito di Dio, che chiama a questa suprema testimonianza e dà la forza per affrontarla. A cinquantatré anni, in piena maturità, Padre Alfonso Maria fu scelto da Dio per offrire la testimonianza del martirio come carmelitano e con le caratteristiche di ciò che era stata la sua vita. Ogni martirio porta con sé il tratto particolare della personalità del martire e può essere visto in questa prospettiva. C’è sempre una connessione tra la vita e la morte. Nel caso del nostro confratello possiamo riflettere sul suo martirio a partire dall’aspetto, che alla luce dei testimoni che lo conobbero, lo caratterizzò: la fedeltà ai suoi impegni di vita religioso-sacerdotale e carmelitana. … Il martirio di Padre Alfonso Maria fu allo stesso tempo un dono gratuito di Dio e un’espressione suprema della sua risposta fedele e generosa alla Grazia. In un unico atto di amore purificatore, il nostro confratello offrì a Dio la sua esistenza terrena e, in un esercizio eroico della fede, della speranza e della carità, si abbandonò totalmente nelle sue mani di Padre amoroso e misericordioso. Teresa di Gesù Bambino, il novello e più giovane Dottore della Chiesa, ci ha ricordato la forza purificatrice dell’Amore e, nello stesso tempo, ci ha invitato ad una fedeltà alla volontà di Dio manifestata negli avvenimenti della vita, nelle piccole cose di ogni giorno, nella necessità di affrontare le sfide che il Signore ci presenta attraverso le circostanze. Padre Mazurek ha vissuto ambedue le esperienze: con la mentalità della sua epoca e con i limiti del suo temperamento, procurò sempre di rispondere con fedeltà alle esigenze della sua vocazione carmelitana, espresse negli impegni quotidiani della vita comunitaria. Questo lo preparò, in un certo modo, a ricevere il dono gratuito del martirio, come risposta fedele ed eroica di fedeltà alla sequela di Cristo. Credo che qui incontriamo l’essenza del messaggio che il Signore ci vuole dare nella vita e nella morte del nostro confratello: ‘Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto’ (Lc. 16,10)”. Questo quanto abbiamo riportato della lettera del Padre Generale. Padre Alfonso Maria fu la vittima che con la carità superò l’odio dei persecutori. Egli fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999.

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